In un articolo apparso qualche mese fa su Impresa In Corso si spiegava la possibilità di imparare dai bambini nel fare impresa e nell’aprire un’attività.
Mi è talmente piaciuto quell’articolo e quell’argomento, che ho approfondito la tematica tramite testi, articoli e chiacchierate coi diretti interessati!
In queste righe voglio toccare la tematica dei “Perché?”, ossia di quella miriade di domande a catena che chiunque si sia trovato a parlare con un bambino può dire di aver “subito”! Spesso i genitori o chi parla coi bambini nella loro fase dei “perché”, si sentono frustrati, sia per il fatto di non avere sempre la risposta alle loro domande, e sia perché anche con una risposta esauriente le domande ripartono a raffica!
La risposta “Perché no” ai bambini non piace, e in questo dovremmo tornare un po’ bambini anche noi, imparare a fare domande, a chiedere e chiedersi “Perché”! Questo domandarsi “Perché?” riguarda solo la curiosità di sapere cosa accade intorno a noi, ed è utilissimo nel momento della progettazione di nuove attività.
La curiosità ci permette di fare un balzo in creatività, aiutandoci anche ad ampliare i nostri orizzonti. I bambini si interrogano sempre su tutto e trovano sempre soluzioni creative ai problemi, mentre spesso al lavoro e nelle nostre attività ci troviamo a dare un contributo minimo e a cambiare le cose solo marginalmente.
Ho sentito dire che se riuscissimo a chiedere a noi stessi “Perché?” per cinque volte di fila e riuscissimo a dare risposte chiare fino alla fine, allora avremmo completa padronanza del discorso, o dell’attività. Questa metodologia veniva applicata fin dagli anni 70 dal Toyota Production System (e consiglio a questo proposito il libro “Lo spirito Toyota” di Taiichi Ohno). Voglio riportare qui un esempio di questo testo per rendere più chiara la “regola dei 5 perché”:
Supponiamo che una macchina si arresti:
- Perchè la macchina si è fermata? —> Perchè si è prodotto un sovraccarico ed è saltato un fusibile
- Perchè questo sovraccarico? —> Perchè la lubrificazione dei cuscinetti è risultata insufficiente
- Perchè la lubrificazione è risultata inufficiente? —> Perchè la pompa d’ingrassaggio non ha lavorato a sufficienza
- Perchè la pompa di ingrassaggio non ha lavorato a sufficienza ? —> Perchè l’albero della pompa è stato danneggiato dalle vibrazioni
- Perchè questo danno? —> Perchè non c’è stato un filtraggio adeguato, e questo ha prodotto l’intrusione di un pezzetto di metallo
Ripetere a più riprese “perchè”, come in questo esempio, può servire ad individuare il problema e a risolverlo. Al contrario, senza seguire questa prassi, si sarebbe semplicemente provveduto alla sostituzione del fusibile o dell’albero della pompa d’ingrassaggio. Così il problema reale non sarebbe emerso e la disfunzione avrebbe continuato a verificarsi per diversi mesi
Ma quanti tra di noi hanno smesso di chiedere e chiedersi perché? Quanti di noi dopo aver sentito la richiesta per un problema di un cliente, di un fornitore, di un superiore, prendono due appunti e si lanciano a testa bassa nel compito? Forse abbiamo poco idea del perché ci è stato richiesto tale compito, e se non conosciamo il vero problema, come potremmo avere mai modo di risolverlo? Spesso ascoltiamo le indicazioni di qualcuno e lavoriamo senza pensare.
Proviamo a dare un compito da fare ad un bambino. Subito ci chiederebbe il perché, e ad ogni spiegazione continuerebbe con i suoi perché fino a quando non ha effettivamente capito (o fino a quando l’adulto interrompe bruscamente il ciclo delle domande!).
Se potessimo utilizzare il bambino dei “Perché” che c’è in noi e aggiungerci un po’ di organizzazione, diventeremmo tutti ottimi manager, imprenditori, professionisti!
E tu quanto riesci a fare e farti domande, a chiederti “Perché”?
Vuoi provare il “gioco” dei 5 perché su un argomento di tua competenza e condividere con noi il risultato?