Tempo fa abbiamo organizzato una Alleanza dei Cervelli “al sapore di caffè”, o meglio nel mondo delle macchine del caffè. Con la premessa che ha aperto anche l’articolo dell’Alleanza stessa, per cui “l’Italia è il nono paese europeo per consumo di caffè ed è al secondo posto al mondo per volumi di caffè in grani torrefatto ed esportato.
Lungo lo stivale sono oltre 800 le torrefazioni che lo lavorano e che trasformano i chicchi in pregiata bevanda, dando gusto, aroma e colore. Accanto a questi produttori di “materia prima” c’è chi produce macchine per preparare un ottimo espresso, simbolo indiscusso del Made in Italy” ho voluto intervistare chi questo mondo l’ha vissuto e lo vive come imprenditore.
Roberto Rancilio, nipote dell’omonimo fondatore della Rancilio ha fatto una piacevole chiacchierata con me, ovviamente davanti ad un buon caffè….e qui le sue riflessioni, da nipote e figlio di imprenditore, e da imprenditore che ad un certo punto ha voluto e dovuto dare un taglio diverso all’azienda di famiglia.
D. Roberto qual è la storia della vostra azienda, da dove nasce la passione per il settore e a cosa dovete il vostro successo?
Non abbiamo informazioni esatte sul motivo della nascita dell’interesse di Roberto Rancilio per il caffè, di certo il periodo tra le due guerre mondiali è stato caratterizzato da una grande effervescenza di idee e tra queste, vedere il caffè non solo come una bevanda ma anche come ambasciatore di un momento di pausa e riflessione, ha contribuito ad aumentarne l’importanza.
La capacità di seguire e anche anticipare le necessità del mercato e delle sue evoluzioni, ha contribuito a portare Roberto Rancilio e le sue idee ad essere uno principali attori del mercato.
D: Cosa pensi da “operatore del settore” del mercato del caffè in Italia e del suo futuro?
L’ultimo decennio in particolare si è caratterizzato da una serie di modificazioni negli usi italiani; nuovi modi di intendere la “pausa caffè” hanno portato allo sviluppo di nuove nicchie di mercato, interpretate molto bene da fenomeni anche divenuti di moda (Nespresso, per citarne uno tra tutti), così come l’arrivo delle grandi catene che hanno visto nel servizio di caffetteria un settore chiave (Mc Donald con i Mc Cafè, grandi centri commerciali, ecc)
Il classico bar mantiene comunque le sue caratteristiche tradizionali, pur se viene richiesto la capacità di “cambiare pelle” durante la giornata (colazioni al mattino, lunch veloce a pranzo, happy hour/aperitivo in tardo pomeriggio, dopo cena). Gli operatori quindi devono saper spaziare nell’ambito della propria preparazione e conoscenze in modo da concepire il loro locale seguendo una logica che oggi si distacca moltissimo da quella del bar-caffetteria degli anni ’90.
D: Roberto, nella tua esperienza in questa attività, quali sono state le maggiori difficoltà incontrate, e come le avete affrontate e superate?
L’internazionalizzazione è uno dei passi obbligati per una azienda che vuole espandersi; affrontare mercati esteri molto diversi tra loro in termini di richieste tecniche, logiche commerciali, necessità fiscali, ecc sono aspetti che devono essere ben calibrati e progettati in anticipo. Fondamentale è quindi sviluppare una struttura che porti competenze in azienda in anticipo.
D: Parliamo di successi. Quale in questi anni vi piace considerare come vostro grande successo lavorativo e professionale? Come vi siete distinti dai vostri concorrenti (diretti o indiretti)?
Direi che la risposta è racchiusa nella risposta alla domanda precedente: il nostro grande successo è stata la capacità di internazionalizzare, adattandoci ad una nuova struttura aziendale.
D: Si parla molto di imprenditoria giovanile, di nuovi imprenditori e di start up. Cosa ti sente di consigliare a chi vuole intraprendere un’attività legata a questo mondo, in questo periodo in Italia?
Ovviamente cercare spazio in un settore consolidato è impresa non facile; credo però che una chiave possa essere lo sviluppare una rete di servizi accessori alla gestione dell’attrezzatura per assistere meglio le varie tipologie di operatore, proprio alla luce delle evoluzioni a cui ho accennato prima.
D: Tornassi indietro con l’esperienza di adesso, cosa faresti in modo differente e cosa invece faresti allo stesso modo?
Ovviamente rivedendo ora alcuni fatti passati, potrebbero nascere delle idee o interpretazioni differenti; devo però dire che giudicando nel complesso gli anni trascorsi in azienda e il percorso fatto, non trovo punti su cui poter avere critiche o rimpianti.
D: A fronte della tua esperienza, del tuo modo di essere imprenditore e anche degli imprenditori che hai occasione di incontrare, quali sono 3 caratteristiche che deve avere un imprenditore in Italia per avere successo?
Domanda difficilissima !!
Dunque di sicuro: saper ascoltare, saper delegare, avere fiducia nella propria struttura e – soprattutto – aver fiducia dei giovani (che poi rientra in parte nel saper delegare!).
Il mondo cambia troppo velocemente, quindi non possiamo pensare che ciò che abbiamo imparato negli anni possa essere sempre attuale; non possiamo pensare che la nostra conoscenza sia sufficiente per affrontare un mercato che diventa sempre più difficile, complesso, e che richiede una specializzazione sempre più alta. Un imprenditore deve necessariamente creare un team che lo possa supportare nello sviluppo dell’azienda. Un “uomo solo al comando” è una figura che – in un certo modo – non può più essere attuale.
E poi, certo, l’intuito dell’imprenditore non passa mai di moda!!!
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E dopo questi racconti di vita di un imprenditore del settore del caffè, non resta che fare nostre le caratteristiche consigliate per essere un imprenditore di successo: saper ascoltare, saper delegare, avere fiducia nella propria struttura.
E noi quanto ascoltiamo? Quanto siamo in grado di delegare? E quanto abbiamo fiducia nella nostra struttura? (non imbrogliamo nelle risposte, tanto non si vince niente…..anzi ad essere sinceri si può solo vincere la possibilità enorme di crescere!).
Grazie ancora a Roberto Rancilio!
Alla prossima Alleanza dei Cervelli, con degustazione di caffè!